La legge n. 50 del 11 febbraio 1971 è stata la prima a dare un’effettiva identità alla nautica da diporto.
Solo dopo varie novelle, dopo 32 anni, veniva promulgata la legge del 4 luglio 2003 che citava: “Disposizioni per il riordino e per il rilancio della nautica da diporto e del turismo nautico”.
Interessante aggiungere che già nel 1996, con l’istituzione del “Titolo Professionale conduttore imbarcazioni da diporto adibite al noleggio” sancito con l’art. 10 della legge n.647 del 23 dicembre 1996, si determinava la necessità di fornire garanzie di professionalità all’utenza del noleggio di unità da diporto.
Fanno seguito il
D.M. 121 del 10 maggio 2005 “Disciplina dei Titoli professionali del diporto” e il
D.L.vo 171 del 18 luglio 2005 “Codice della nautica da diporto ed attuazione della direttiva 2003/44/CE”
e da qui il suo Regolamento di Attuazione approvato con D.M. 146 del 29 luglio 2008.
Con la l. 167/2015 è stata varata la riforma del codice che, già firmata, non è ancora stata pubblicata in G.U.
Tutto l’impianto normativo ha sempre avuto particolare attenzione nei confronti di coloro che, pagando, noleggiano un’unità da diporto e che conseguentemente dovrebbero essere garantiti dalla professionalità e capacità di un comandante certificato da qualifiche stabilite dalla legge.
A rigor di logica ci si sarebbe aspettato che una revisione del codice avrebbe posto l’attenzione su argomenti fondamentali alla sicurezza ed al reale rilancio del diporto, come:
- Definizione delle unità da diporto quali mezzi utilizzati a titolo esclusivamente gratuito.
- Istituzione di un certificato di classe e specifiche norme di sicurezza per le unità adibite ad uso commerciale.
- Determinazione di uno specifico percorso formativo per l’assunzione del comando di unità adibite ad uso commerciale: legare una qualifica a inconsistenti “mesi di imbarco” non ha nulla a che fare con un percorso formativo.
- Identificazione di strutture e competenze adeguate per la formazione dei soggetti che assumeranno il comando di unità adibite ad uso commerciale.
- Istituzione di un “patentino” per il comando e la condotta di qualsiasi mezzo nautico da diporto di lunghezza superiore a 2,5 metri mosso da propulsione diversa da quella a remi, a similitudine di quanto operato per es per i ciclomotori e, si pensi, andare per mare è più complesso.
- Immatricolazione di qualsiasi mezzo nautico da diporto di lunghezza superiore a 2,5 metri mosso da propulsione meccanica.
- Attuazione delle norme internazionali che impongono la formazione degli utilizzatori degli apparati radio marittimi.
- Istituzione di qualifiche professionali per il noleggio che escludano dalla definizione la parola “diporto” così che, nel proseguio del percorso formativo, possano sfociare in titoli professionali STCW consentendo di imbarcare anche nel mercantile.
Come potremo leggere nell’annuale prossima pubblicazione del Ministero dei Trasporti del 2017, il numero delle vittime correlate alle attività al diporto è aumentato del 300%.
Dopo anni di studio dei tavoli tecnici si è riusciti unicamente a sostenere gli interessi della lobby dei cantieri, istituire categorie inutili quanto con definizioni improprie, quali “Navi da diporto maggiori”, Navi da diporto Minori” e Navi da diporto Minori storiche”.
I tanto enfatizzati termini quali “STED” (sportello telematico del diportista), “ATCN” (archivio telematico centrale delle unità da diporto) e “UCON” (ufficio di conservatoria centrale delle unità da diporto) troveranno applicazione solo tra qualche anno e solo dopo aver trovato un’adeguata copertura finanziaria, probabilmente dopo aver ripristinato la tassa di possesso sulle imbarcazioni da diporto.
Ad oggi, dopo 40 giorni dalla firma, il decreto legilsativo che attua la riforma varata con la legge 167/2015 non è ancora stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e ciò non può che far nascere numerose riflessioni.
Solo dopo che il testo definitivo verrà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale commenteremo articolo per articolo, evidenziando finalità ed effetti.
Giuseppe Accardi
Universo Mare